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Caramel: la ceretta libanese come metafora di vita

Lo ammetto a cuore aperto, ho una sfrenata passione per i film d’autore stranieri. Pellicole probabilmente viste da nessuno in Italia ma che ritengo comunque dei piccoli gioielli cinematografici. Caramel dalla sua altisonante regia libanese, detiene sicuramente un posto speciale nel mio cuore. Fotografia raffinatissima, colonne sonore (in lingua araba) meravigliosamente suggestive, personaggi femminili caricaturali ma dannatamente reali, il tutto in una Beirut in bilico tra una società moderna e tradizionalista.

Fonte: MyMovies

Ho sempre pensato che la cinematografia spesso agisse da ponte fra culture diverse: Caramel ne è un esempio tangibile. Quando mai avrei avuto l’opportunità (se non fosse stato grazie al cinema) di avvicinarmi alla cultura libanese?

Il salone di bellezza di Beirut, dove si svolge “Caramel”, è probabilmente il luogo più familiare dove qualsiasi donna potrebbe ritrovarsi. Il setting rende la spettatrice immediatamente catapultata in un luogo affine, un luogo da sempre simbolo di interazione femminile, di scambi, chiacchiere, segreti, verità e falsità.

In questo salone di bellezza donne estremamente diverse si riuniscono in un unico atto di congregazione . Il loro cameratismo è occasionalmente interrotto da continue crisi, d’amore, di nervi, di pazienza e di menopausa. Tuttavia mie care ricorderete questo affascinante film, diretto da Nadine Labaki, per la sua trama delicatamente tragi-comica e leggermente melodrammatica che infondo potrebbe accumunare le donne di tutto il globo.

La signora Labaki, che ha anche scritto la sceneggiatura con Jihad Hojeily e Rodney Al Haddad, interpreta Layale, proprietaria del negozio. Come molte donne non sposate in Medio Oriente, Layale, nonostante la sua indipendenza professionale, vive con i suoi genitori. nel frattempo sta anche avendo una relazione con un uomo sposato e trascorre ore ansiose in attesa che lui chiami, ignorando le attenzioni di un bel poliziotto che è ovviamente colpito da lei ( la scena della conversazione immaginaria la telefono credo sia una delle scene più romantiche mai viste al cinema) .

Fonte : dardishi

Le amiche/colleghe di Layale sono di gran supporto nei suoi confronti ed allo stesso tempo anch’esse sono detentrici di innumerevoli problemi. Jamale (Gisèle Aouad) è un’attrice recentemente divorziata resa frenetica dalla necessità di competere con le donne più giovani per lavorare negli spot televisivi. Nisrine (Yasmine Al Masri), musulmana, fidanzata e prossima alle nozze, tuttavia terrorizzata dal fatto di non aver rivelato al suo futuro marito il fatto di non essere più vergine. Rima (Joanna Moukarzel), che pulisce il negozio e lava i capelli, sviluppa una cotta per un cliente elegante. E poi c’è la zia Rose (Siham Haddad), una sarta che vive in fondo al negozio di Layale con la sorella esigente e mentalmente disabile, Lili (Aziza Semaan).

Fonte: FilmonFRiday

Tutto ha le sembianze di una delicata telenovela, o forse di un film di Pedro Almodóvar senza goffaggine.

Il titolo Carmel si riferisce ad una miscela fatta di zucchero sciolto che, sebbene commestibile, viene utilizzata principalmente, come la cera depilatoria. Metafora di una pellicola dolce e fluida ma come la stessa ceretta, altamente dolorosa.

Il film infatti detiene un ottimismo che non nasce dal suo incantato romanticismo ma dalla capacità di resilienza e da un certo grado di tenacia di cui le protagoniste sono dotate nonostante le sfide continue che la vita riserba loro . Spesso le loro vite si mostrano difficili ed ingiuste, incorniciate da momenti di umiliazione, solitudine e dolore. Ma nella migliore tradizione melodrammatica, la loro resistenza, caparbietà, ottimismo e lealtà le vedono vincitrici sempre e comunque.

Caramel è un film delicato, intimista, agrodolce, dove l’obiettivo della regista di fare identificare lo spettatore nella storia, riesce per la freschezza degli eventi narrati, che sanno toccare gioia e dolore con molta leggerezza e positività, senza mai scadere né nel patetico, né nel eccessivamente sdolcinato.

Un film da vedere in questi giorni leggeri di ferie d’agosto, per comprendere che può esistere un cinema commedia profondo, che non ha bisogno delle grevità e delle volgarità di certe disarmanti produzioni, che però, ahimè, purtroppo, sbancano al box-office ogni Natale.

Godetevi questa perla libanese.

Buona visione.


Anastasia Galvani





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