fbpx

L’arte di rigenerarsi: come ho imparato ad essere una persona felice

Eccomi qui, dopo mesi di silenzio sono tornata.

Sono sparita per un pò, sono stati mesi duri, di riflessione. Mesi dove ho affrontato cose che non ricordavo di avere seppellito dentro me, non così profondamente almeno.

Questo articolo sarà un po’ diverso dal solito. Ho chiesto in prestito questo spazio ad Anastasia per parlare di quanto mi ha toccato profondamente in questi mesi.

Lo dirò apertamente, 5 anni fa mia madre è venuta a mancare a causa di un cancro ai polmoni. Mio padre vive negli Stati Uniti da quando ho 6 anni, quindi immaginate come questo evento mi abbia fatto mancare la terra sotto i piedi.

Ma la volete sapere la realtà? Io non ho praticamente mai pianto. Forse la settimana seguente, qualche volta, poi basta. Il nulla assoluto per 5 anni. Ho continuato a studiare perché era quello che voleva lei. Mi sono laureata con ottimi voti, ho viaggiato tanto nel frattempo, sperando di compensare un vuoto che c’era ma che io sceglievo di ignorare.

La realtà ha iniziato a diventare pressante una volta finita l’università, momento in cui ho realizzato di non saper cosa fare della mia vita. Fino a quel momento avevo avuto sì libero arbitrio, ma avevo sempre usato mia madre come indicatore, come bussola della mia vita. Mi sono sempre fatta guidare da lei.

Una volta laureata, avendo completato l’ultimo progetto iniziato quando lei era ancora in vita, per la prima volta in vita mia mi sono trovata completamente libera di fare quello che volevo senza sapere cosa fosse. Ho iniziato a rimbalzare da un lavoro all’altro nella speranza di scoprirlo, ma non è cambiato nulla. Poi sono finiti i soldi, e io sempre lì con i miei pensieri, ritrovandomi legata con le catene a quella che era la mia casa d’infanzia, con l’idea di ritornarci prima o poi, perché la mia famiglia voleva così. Sono arrivata a un punto in cui ho iniziato a sentire di portare sulle spalle un peso allucinante legato alla mia vecchia casa, ogni volta che rientravo sentivo il mondo sprofondare, le pareti chiudermisi addosso e la mia voglia di scappare aumentava sempre più.

Non volevo vivere a Milano perché tutto mi ricordava lei, ma non volevo neanche venderla, dato che questo avrebbe significato tagliare completamente i ponti con la parte della mia vita che riguardava il mio passato. Improvvisamente ho capito che, per andare avanti, dovevo liberarmi di quelle catene, anche se questo significava andare contro il volere della mia famiglia. A volte sembra che nel mondo moderno non ci sia mai spazio per stare male.

Viviamo in una società dove non c’è lavoro, corriamo da un punto all’altro cercando di far qualcosa di decente della nostra vita, il tutto senza mai fermarsi un momento a pensare – “Ma io in questo momento sto male, devo affrontarlo e smettere di concentrarmi su altro”-. Concentrarsi su altro è una forma di svago, non una soluzione al problema. Tutti siamo d’accordo su come l’affrontare il problema sia doloroso, ma scappare in eterno non è comunque una soluzione.

Nel mio caso, ho deciso di “credere” che liberarmi della casa mi avrebbe permesso di sbattere la faccia a muso duro sul problema.​ Ricordo benissimo il giorno in cui ho scelto di venderla, per la prima volta da mesi mi sono svegliata con il petto leggero. La parte peggiore è stato il trasloco in realtà. Traslocare, mettere le mani nei ricordi, nei vestiti, nei profumi di mia madre, è stato terapeutico. Ogni giorno mi svegliavo sapendo che sarei stata male, che avrei pianto, che magari non sarei neanche riuscita ad alzarmi dal letto. Ogni giorno mi convincevo però, che una volta finito, avrei finalmente visto la luce alla fine di un tunnel che durava da più di cinque anni. E così è stato.

La vendita di questa casa mi ha aiutato a rimettere ordine nella mia vita, a decidere che non ero fatta per vivere in Italia (in modo definitivo) e a rimestare nel mio passato aprendomi nuove porte per il futuro.

Ora sono tornata a Berlino, la mia città del cuore, mi sono innamorata (vi assicuro che non lo ritenevo più possibile) e mi alzo tutti i giorni aprendo la finestra e godendo dei suoni che vengono dalla strada, del profumo della fredda aria autunnale tedesca, della musica dei miei vicini di casa studenti che suonano techno a tutte le ore del giorno e della notte. Nei giorni di pioggia mi chiudo in un bar a bere un caffè con un libro in mano, quando splende il sole passeggio lungo il Landewehrkanal.

Processed with VSCO with au5 preset

Le mie giornate sono piene, vedo le foglie degli alberi tingersi di rosso, sento il cuore che mi scoppia e non vedo più muri abbassarsi intorno a me. Non ho ancora trovato un lavoro che mi soddisfi, però non vivo più con l’ansia. So di essere fortunata, non tutti possono permettersi di prendersi una “pausa” dalla vita vera per cercare di ritrovare sé stessi. Però sono convinta ci siano anche altri modi.

A volte bisognerebbe semplicemente trovare il coraggio di dedicarsi mezz’ora al giorno. Mezz’ora solo per sé stessi, facendo qualcosa che ci piaccia davvero. Io spero solo che chiunque abbia letto questo articolo lo usi un po’ come mantra. Ricordarsi ogni giorno che non è tutto nero e che per vedere di nuovo il sole sorgere bisogna prima vederlo tramontare. Sembrano frasi fatte, ma quando ci sei dentro non è così facile ricordarsene.

Quindi ve lo dico, ricordatevene, ne vale la pena. Io intanto ho finalmente ricominciato a dormire e ad uscire di casa ridendo, senza bisogno di ubriacarmi ogni volta come se non ci fosse un domani. Non scappo più da un punto all’altro senza una bussola. Ora so che c’è un domani, voglio godermelo e va bene così.

(Non preoccupatevi, continuo a fare party, solo un po’ meno hard di una volta)

Stéphanie Luzón

You may also like

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *