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Minari: storia di una pianta che ha conquistato gli Oscar

Il titolo dell’incantevole film dello scrittore e regista Lee Isaac Chung su una famiglia coreana che inizia una nuova vita nell’Arkansas rurale degli anni ’80, si riferisce alla tenace pianta commestibile che vediamo attecchire e fiorire in un ombroso torrente: Minari. Possiamo immaginarlo come una sorta di prezzemolo asiatico.

“È una pianta poetica”, ha detto Chung, poiché “cresce molto forte nella sua seconda stagione, dopo che sarà morta, tornerà”. Il tema della morte e della rinascita percorre tutto il dramma di Chung, ispirato alla sua storia familiare non priva di difficoltà. Tutto nella pellicola sembra muoversi sul filo del rasoio, si ha per tutto il tempo un sentore di disgrazia ovattato da un grande senso di speranza.

Photo Credit: Linkiesta

Ad aumentare le ansie dello spettatore è la salute del piccolo David, figlio della coppia coreana affetto da un problema di cuore a cui è stato detto di evitare stress e sforzi che lo potrebbero portare ad una precoce morte. Così Monica , premurosissima madre del bambino, chiama in soccorso nonna Soonja (Yuh-jung Youn, veterana del cinema coreano che ruba letteralmente la scena), che andrà a vivere con la famiglia. Accolta inizialmente con disprezzo dal piccolo David, che pensa che “odori di Corea”, verrà riconosciuta inevitabilmente come il “catalizzatore della guarigione” e della redenzione. Messaggi forti e potenti quelli del film, tuttavia trasmessi con la delicatezza e la sobrietà che solo la cultura asiatica sa maneggiare con estrema maestria.

Photo Credit: No Spoiler

La fede sarà un tema centrale del film di Chung, in effetti, con le sue invocazioni al Giardino dell’Eden attraverso scorci bucolici, tempeste bibliche, preghiere per guarigioni miracolose e persino un finale alla Forrest Gump, Minari è disseminata di prove e spiritualità quotidiana ed è forse la scia di questo tema che lo ha reso tra i migliori film agli Oscar.

Eppure, ciò che rende questa pellicola più di uno stereotipo cinematografico, è la tenacia con cui Chung evoca le durissime vite dei suoi personaggi, bilanciando gli elementi più sognanti del dramma con un naturalismo che lo mantiene radicato nella realtà ( e che ai mei occhi lo rende così fascinosamente asiatico) .

Photo Credit: MyMovies

Un nota di assoluto merito va alle colonne sonore che hanno reso questo film ancor più evocativo. Facendo da intermediario tra gli elementi banali e magico-realisti. La colonna sonora di Emile Mosseri fonde legni, pianoforte e chitarra con suoni sintetizzati in stile theremin e voci elaborate, per creare un’atmosfera che è allo stesso tempo terrena ed eterea. Mosseri fornisce la chiave del fascino universale di Minari, evocando una colonna sonora sobria di sentimento e stranezza, che forma un ponte tra questo mondo e quello futuro.

Un film di speranza di cui tutti avevamo bisogno in questi tempi ostili.

Buona visione.

Photo Credit immagine di copertina :Silenzioinsala

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Anastasia Galvani

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