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The Farwell: come nasce una bugia bianca

“Chi è a corto di bugie non può salvarsi”

Alda Merini.

Ricordo una stanza asettica, i cui colori prevalenti erano il bianco ed il grigio, ricordo medici, infermieri, aghi canula, flebo, animatori vestiti da clown, ricordo i volto dei miei genitori, sempre bonari in quel periodo della ma vita. Il loro volto era sempre il medesimo nonostante i risultati delle mie analisi, raramente percepivo la gravità del mio stato di salute, raramente venivano usate parole come “grave”, “pericolo”, “senza speranza”. I miei genitori , loro hanno preferito tacere piuttosto che servirsi di una bugia bianca che edulcorasse la vita di una bambina di 10 anni malata.

Photo Credit: MAXXI

Da sempre le bugie rappresentano l’intenzione di pervertire la realtà, si parte dal presupposto che chi mente sappia esattamente quale sia la realtà e racconti all’altro una storia completamente diversa. A spingerci è sicuramente il senso di protezione nei confronti della relazione con l’altra persona o la salvaguardia della propria immagine, da qui nascono le bugie bianche.

In certe culture, le bugie a fin di bene, sono una pratica in particolare in quelle asiatiche, al contrario in quelle europee, l’omissione di verità rappresenta un dolo, in particolare se si parla di omissioni di condizione di salute.

The Farwell tratta proprio di questo: di un gap culturale che corrode l’anima di una nipote cino-americana che vorrebbe rivelare alla nonna del suo male incurabile. Tuttavia in Cina sembra essere usanza comune non comunicare questo tipo di dolorose notizie, è il parentado infatti “che si fa carico del dispiacere” lasciando il rispettivo parente a mente serena. Tutto ciò, sarà motivo nel film di litigi fra parenti attraverso scontri culturali molto accesi.

Photo Credit: Sentieri Selvaggi

Per meglio comprendere la vision di questa pellicola, è bene sottolineare che la cultura cinese crede fermamente che la salute mentale ed emotiva costituisca un legame diretto con la salute fisica, il che viene esplicitato nel film dalla frase “Le persone non muoiono di cancro, muoiono di paura”.

Si tratta infatti di una sorta di film autobiografico, in quanto la stessa regista ha vissuto la medesima situazione, e la nonna di cui si parla è proprio la sua. Nel riportare la sua esperienza sul grande schermo, diversi sono stati gli inganni creativi con cui Lulu Wang si è cimentata, sebbene molti degli eventi mostrati durante la pellicola siano reali.

Tale bugia buona, dovrà quindi dividersi tra la coscienza che la sospinge e le tradizioni ristrette della famiglia. Billie ( la nipote) sarà la più attenta combattente della verità , nonostante ciò gli eventi e la vita la spingeranno a doversi ricredere completamente, ecco perché il finale scalda il cuore e mette in serio dubbio tutto questo accanimento del” vero”.

Un film meraviglioso, un film che vi farà domandare quanto la vostra integrità possa essere messa da parte per il bene di un vostro caro.

Buona visione!

Ps: Il film è ora disponibile su CHILI a noleggio.

Photo Credit immagine di copertina: The HotCorn

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Anastasia Galvani

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5 commenti

  • Una ragazza giapponese mi ha raccontato che quando è morta sua nonna, alla quale era legatissima, si è chiusa nella sua stanza per 3 giorni per vivere da sola il suo dolore. Non voleva assolutamente fare vedere le sue debolezze ed ha preteso di non essere disturbata, non ha voluto neanche il sostegno di suo marito. Loro vivono il dolore in un modo diverso da noi☺️

  • Grazie per aver condiviso questo brandello di realtà , che cos’è il cinema se non la sua sofisticata rielaborazione?! Grazie di cuore Anna!

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